Poderi feudali e ville signorili

Le fonti citano che l’area di Monte Moro (124 m) fu abitata e divisa in feudi molto presto.

La famiglia nobile Spelati (Spelatis) ricevette il feudo già nel 15° secolo dai vescovi di Capodistria. Jacopo Spelatis però non riuscì a rinnovare l’investitura in tempo e così il feudo gli venne ritirato nel 1430 dal vescovo Francesco Biondi Servandi. Dopo sei anni Jacopo Spelatis venne scomunicato dallo stesso vescovo per aver usufruito abusivamente del feudo sopra menzionato. 

Altri padroni o gestori di quest’area, nota per le buone condizioni climatiche per la crescita della vite e dell’ulivo e conosciuta anche per la produzione di liquori, erano le famiglie nobili: Galli, Almerigotti, Brutti, Belli e Grisoni con il podere “Villa Florida”. 

La serie di ville patrizie cominciava a Punta grossa con la “Villa Gavarda”, oggi ingrandita e restaurata completamente. 

Nella direzione verso il centro di Ancarano, su un terrazzo, cinto dal muro in mezzo al giardino e soprastante la strada e la costa marina tra Valdoltra e Punta grossa, si trova una villa ben preservata del 17° secolo. Si tratta della Vila Andor”, chiamata all’epoca “Villa Galli”. Fu costruita probabilmente verso la fine del 17° secolo, come indicato dallo stemma sulla facciata. La villa, oggi ristorante, era proprietà dell’avocato Gian Luigi Gobbo fino all’anno 1960.

Non lontano da qui, sul belvedere a nord del complesso ospedaliero Valdoltra, fu ubicata la “VillaManzini”. E’ ancora bene preservata la parte principale del complesso abitativo con la facciata sud, quella principale, su due piani e abbellita dalla fronte ad elice. Nella parte est di Ancarano, soprastante la strada maestra, si trova tra gli edifici moderni “Villa Brutti” con la facciata principale decorata con la fronte a triangolo. Parecchie ville patrizie, ancora ben preservate, si trovano anche nella parte sudest del territorio ancaranese nelle vicinanze dell’ex complesso ospedaliero per i malati di polmonite. A sud della strada maestra si trova la villa di una volta, la “Villa Almerigotti”. 

Villa di rappresentanza, imponente e abbastanza preservata è un edificio barocco a due piani con il risalto sulla simmetrica facciata sud, che dà sul giardino. La porta del balcone, sull’asse principale, porta il rilievo con lo stemma della famiglia nobile di Capodistria Petronio e la data 1712. I locali di rappresentanza al primo piano sono ancora in parte conservati.

A metà del 19° secolo nacque nella villa, ancora nel possesso dell’ing. Benedetto Petronio, una vera collezione museale privata che comprendeva soprattutto numerosi stemmi ossia composizioni araldiche, diverse lapidi e frammenti architettonici di numerose ville e monasteri, abbandonati o restaurati, di Capodistria. 

La gran parte della collezione fu esposta nel giardino adiacente la villa e trasferito dopo nel Museo civico di storia e arte (Museo civico di storiae l'arte). Villa Petronio passò invece nel possesso di Giuseppe Lugnani (1793–1857), discendente di una conosciuta famiglia nobile di Capodistria, imparentata con i Petronio. Giuseppe Lugnani, membro del circolo Rosseti ovvero dell’associazione Minerva già dal 1812, venne nominato nel 1843 direttore dell’Accademia di commercio e nautica di Trieste. Giuseppe Lugnani morì nella sua dimora ad Ancarano nel 1857.

Dopo la sua morte ereditarono la villa le sue sorelle, che la venderono all’architetto triestino Pulcher, questi la cedette dopo all’Associazione per malati di tubercolosi ovvero alla Cassa malati di Trieste. All’ inizio del 20° secolo la villa fu inserita nel complesso dell’ospedale di Ancarano trasformatosi in sanatorio; lo storico giardino barocco davanti alla villa è andato quasi tutto perduto a causa della costruzione di un complesso di unità abitative alcuni anni fa.